Riportiamo l’articolo di Massimiliano Marinelli pubblicato sul sito web della Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN) a partire da:
Schwartz, D., & Lanphier, E. (2025). The new narrative medicine: ethical implications of artificial intelligence on healthcare narratives.
Premessa
Nel 2025, su Monash Bioethics Review, Danielle Schwartz ed Eric Lanphier propongono di leggere l’avvento dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) come l’avvio di una “nuova medicina narrativa”. L’idea di fondo è chiara: se l’IA generativa è addestrata su immense quantità di testi, molte volte narrativi, e se produce a sua volta testi in forma narrata, allora le trasformazioni portate dagli LLM non riguardano solo la tecnica, ma anche e soprattutto le narrazioni che attraversano la cura.
Questo post prova a fare due cose:
- presentare i passaggi principali dell’articolo;
- offrire alcune riflessioni critiche, dal punto di vista della medicina narrativa, su come parlare di “narrazione” quando al centro c’è un modello linguistico statistico.
1. L’articolo in breve
1.1. LLM come “progetto narrativo”
Schwartz e Lanphier assumono un punto di vista esplicitamente narratologico: gli LLM vengono descritti come sistemi che consumano storie (nei dati di training), producono storie (nei testi generati) e si interfacciano attraverso storie (nei prompt e nelle conversazioni). In questo senso, parlano di un “progetto profondamente narrativo”, che trasforma il modo in cui le storie di malattia circolano nei contesti clinici.
Questa trasformazione, per gli autori, non è solo quantitativa (più testi, più velocemente), ma qualitativa: l’introduzione sistematica di strumenti che generano e riscrivono narrazioni potrebbe incidere sulle forme retoriche delle cartelle cliniche, sulle voci che vengono ascoltate e su quelle che rischiano di essere normalizzate o silenziate.
1.2. Dati, storie e la “scomparsa” della loro linea di demarcazione
Un secondo asse del saggio riguarda la distinzione – classica per la medicina narrativa – fra dato e storia. In un contesto strutturato da LLM, dicono gli autori, questa distinzione tende a sfumare: le narrazioni diventano dati (materiale per il training, per il fine-tuning, per i sistemi di supporto alla documentazione) e, simmetricamente, i dati vengono riconfezionati in forma narrativa, per essere restituiti a pazienti e professionisti.
Da qui l’ipotesi che la “vecchia” opposizione fra medicina basata sulle evidenze (EBM) e medicina basata sulle narrazioni (NBM) non regga più così com’era formulata negli anni Novanta e Duemila: le storie sono ormai, letteralmente, parte dell’infrastruttura dei dati.
1.3. Dal clinico autore al clinico editor: il caso della documentazione automatizzata
Una delle parti più concrete dell’articolo è dedicata alle tecnologie che producono bozze automatizzate di documentazione clinica a partire da registrazioni audio o note frammentarie. Gli autori prendono come esempio il sistema DAX Copilot, che genera draft di note cliniche che il professionista può rivedere, correggere e firmare.
Qui emerge una figura nuova: quella del clinico come editor della narrazione generata dall’IA. Se prima il medico era autore diretto della nota, ora si trova sempre più spesso a revisionare testi proposti da un modello pre-addestrato, addestrato su milioni di note cliniche e conversazioni.
Schwartz e Lanphier vedono in questa trasformazione sia potenziali vantaggi (riduzione del carico burocratico, più tempo per il paziente) sia rischi: fra questi, la tendenza alla standardizzazione delle storie e la possibilità che alcune dimensioni dell’esperienza del paziente vengano espulse dalle narrazioni cliniche perché difficili da “scrivere bene” per il modello.
1.4. Verso una “collaborazione tecno-umanista”
Nella parte finale, gli autori propongono un orizzonte di collaborazione tecno-umanista. Da un lato, riconoscono la potenza degli strumenti LLM nel generare sintesi, adattare linguaggio e supportare la documentazione. Dall’altro, invitano a tenere al centro l’attenzione della medicina narrativa per le voci marginali, le asimmetrie di potere, la singolarità dei percorsi di malattia.
Il messaggio è, in sintesi, duplice: la medicina narrativa non può ignorare gli LLM, perché stanno già trasformando le narrazioni in sanità; ma allo stesso tempo è chiamata a vigilare criticamente sulle forme di questa trasformazione.