Oltre lo storytelling

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Il Sociale, il digitale e “la Persona al centro”dddd

 

Piero Dominici su Nòva

Da tanti anni continuiamo ad affrontare questioni complesse, e di rilevanza assolutamente strategica per l’evoluzione e la crescita reale di questo Paese (e del sistema-mondo, dal momento che tutto è interdipendente!), seguendo logiche e strategie di breve periodo e, soprattutto, indossando di volta in volta diversi tipi di ‘lenti riduzionistiche’, sia a livello di discorso pubblico che di comunicazione politica, ma anche di narrazioni e/o storytelling. All’interno, in ogni caso, di un dibattito pubblico segnato da una profonda polarizzazione, che di certo non produce come effetto quello del far comprendere e/o dell’approfondimento… Nuove narrazioni e uno storytelling che rappresentano, di fatto, gli strumenti comunicativi (?) essenziali della nuova egemonia culturale, sia a livello organizzativo che di sistemi sociali (spesso, si dice: è un problema di storytelling, ho la netta impressione che sia il contrario, forse si fa troppo storytelling e si crede che certi tipi di narrazione possano perfino sostituire la realtà dei fatti e della prassi sociale, ma ci torneremo…). Questioni complesse come la cittadinanza e l’inclusione, la cittadinanza digitale e le agende digitali, già di per sé segnate da ambivalenza e contraddizione, sono state tematizzate, spiegate, affrontate – non soltanto in termini di scelte politiche – ricorrendo ad approcci tradizionali (per non dire altro…) e strategie di breve periodo che, molto spesso, coincidono con le logiche del controllo e dell’emergenza.

Ma ripartiamo da quello che ho sempre considerato un “dato di fatto” e su cui peraltro ho lavorato a lungo in questi anni: “[…]la stretta, strettissima, correlazione esistente tra comunicazione e cittadinanza, tra comunicazione e democrazia; ma anche tra democrazia e visibilità/pubblicità/trasparenza del potere”. E, nel far questo, mi piace sempre ricordare Norberto Bobbio (1995, 1*ed.1984) quando definisce la democrazia “come il governo del potere pubblico in pubblico”, riconoscendo nella “pubblicità” – opposta al “segreto” – uno dei cardini fondamentali della democrazia. Tuttavia, pur nella loro riconosciuta, oltre che basilare, importanza, i principi di visibilità e pubblicità servono a garantire (almeno dovrebbero…) “informazione” da parte della Pubblica Amministrazione verso i cittadini, ma non contemplano l’opportunità della “comunicazione” per/con i medesimi (->reciprocità/simmetria); dal momento che la comunicazione è processo sociale complesso che implica accesso, trasparenza, simmetria, condivisione, impegno, coinvolgimento, partecipazione. Tuttavia, non è inutile ribadirlo, affinché si verifichino (almeno) le condizioni dei principi/valori appena elencati (la loro traduzione operativa risulta ancora più complicata), è necessario che il processo comunicativo – sia a livello di comunicazione interpersonale che di comunicazione organizzativa e dei sistemi sociali (in questa caso dallo Stato ai cittadini -> sfera pubblica) – coinvolga cittadini consapevoli con teste ben fatte (->ruolo strategico di educazione ed istruzione), informati e competenti (non soltanto dal punto di vista “tecnico”) perché – mi si passi quello che può sembrare uno slogan ma, almeno per chi scrive, non lo è – si può essere “sudditi” anche in democrazia…non conoscendo i propri diritti/doveri (la linea di confine tra cittadinanza e sudditanza è estremamente sottile); non conoscendo gli strumenti e i canali; non essendo sufficientemente alfabetizzati e (appunto) competenti per partecipare attivamente alla costruzione di una sfera pubblica autonoma, in grado di fare pressione sulla politica e sul “Sovrano”(potere) e di incidere sui processi decisionali. continua a leggere

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